di Alberto Giordano (Liutaio assistente alla conservazione del "Cannone")
Nella penisola italiana nei primi decenni dell'ottocento, a seguito del periodo napoleonico,si assistette ad una crisi generale che non risparmiò neppure il mondo della liuteria. A ciò si aggiunse l'aumento della produzione di strumenti negli stati confinanti, (esportati in Italia a prezzi inferiori), e il crescente interesse per gli strumenti classici, patrimonio ancora cospicuo sul territorio.
In questo periodo i liutai italiani sono perciò riparatori piuttosto che costruttori; si creò pertanto una frattura profonda nei confronti della liuteria "classica", che comportò cambiamenti sostanziali nello stile e nel sistema costruttivo. Rimase in comune con il settecento il gusto e lo spirito di costruire lo strumento "nuovo" senza interventi di anticatura benché i modelli fossero di ispirazione classica, eseguiti talora con ingenuità e libertà interpretativa. Va detto che questo fu anche il frutto di un concreto isolamento dell'Italia dovuta alla sua complessa situazione politica: il Paese è difatti frazionato e diviso, la circolazione e lo scambio d'idee ed esperienze ovviamente difficili.
All'estero la situazione fu assai diversa; soprattutto in Francia e in Inghilterra il mercato antiquario si consolidò, progressivamente aumentò la richiesta di strumenti 'in copia', costruiti quindi con anticatura artificiale del legno e della vernice su precisi modelli Amati, Stradivari e Guarneri. La produzione venne inoltre concentrata in veri centri costruttivi quali Mirecourt in Francia, Markeneukirchen in Germania etc.
Se esaminiamo ora la figura di Guarneri del Gesù possiamo affermare che la sua fortuna iniziò nel primo ottocento con Niccolò Paganini: la notorietà e l'eccezionale arte musicale del grande musicista furono veicolo importante per la conoscenza di un autore sino ad allora poco stimato. Quando intorno al 1802 Niccolò Paganini entrò in possesso del Cannone, Giuseppe Guarnirei era considerato solo una seconda scelta, un rappresentante della decadenza della scuola classica cremonese. Paganini fu la prima figura di musicista moderno a legare indissolubilmente la propria arte ad uno strumento musicale, facendolo entrare nel proprio mito.
In vita Niccolò Paganini fu sempre piuttosto geloso del suo strumento: l'unico liutaio che ebbe la possibilità di eseguirne una copia con un congruo tempo ed agio (ma soprattutto con l'originale sul banco) fu Jean Baptiste Vuillaume che ebbe a ripararlo nel 1833. Nessun liutaio italiano poté invece contare su questo privilegio. In alcuni strumenti di Ludovico Rastelli e Antonio Gibertini sono visibili tracce di ispirazione derivanti dal Cannone, tuttavia è come se avessero potuto solo frettolosamente coglierne gli aspetti più evidenti, quali ad esempio la effe, senza riuscire però a ricreare l'interezza del modello; quasi come un pittore di strada riprenda un volto con pochi e rapidi tratti di carboncino.
Assai più interessante il lavoro di Nicolò Bianchi, liutaio genovese che operò a Parigi per circa vent'anni tra il 1848 e il 1867. Fu un buon riparatore ma soprattutto ottimo conoscitore della liuteria classica italiana, e costruttore di talento: possiamo considerare Bianchi il primo liutaio copista in senso moderno, forse l'unico dell'ottocento a costruire strumenti anticati e a dedicarsi alla "copia". L'ambiente parigino ebbe una forte influenza sul suo stile; egli rimase colpito dalla qualità del lavoro dei suoi famosi "concorrenti". Bianchi, uomo del Risorgimento, fiero delle proprie origini italiche, si costruì uno stile forte e personale ed affrontò la copia con tecnica e gusto diverse da quelle dei francesi ( dei 'Galli' come egli amava dileggiarli). Tra i suoi modelli prediletti troviamo un Guarneri del Gesù del 1741 (stilisticamente quindi vicino al Cannone), allora di proprietà del virtuoso italiano Antonio Bazzini. Bianchi sembra comprendere l'unicità del gesto del Guarneri e la sua imprevedibilità riuscendo a trasferire nel suo lavoro questo senso di piacevole disordine.
Non è interessato a riprodurre il particolare con precisione, non vi è alcun tentativo di ricostruzione pedissequa: ciò che gli preme è ricreare l'emozione generale che un certo strumento può creare, lasciando nel contempo fluire liberamente la propria personalità. Lo strumento qui rappresentato, pur derivante quindi da un modello diverso dal Cannone, ne imita con efficacia le sembianze.
Chi meglio riuscì a coniugare creatività e rigore fu Giuseppe Rocca. Affrancatosi dai modelli del maestro Pressenda , iniziò a costruire violini su due modelli principali, uno Stradivari derivato dal famoso "Messia" del 1716 ed un Guarneri del Gesù del 1742, appartenuto successivamente a Delphin Alard. Non solo Rocca seppe coglierne le caratteristiche tecniche -stilistiche fondamentali, ma seppe anche penetrare la tecnica costruttiva dello strumento copiato, rivelando così un equilibrio perfetto nel coniugare il rispetto dello stile con la propria elegante personale creatività.
Soprattutto nell'esecuzione del Guarneri-Alard. Non solo Rocca seppe coglierne le caratteristiche fondamentali, ma seppe anche penetrare la tecnica costruttiva dello strumento copiato, rivelando così un equilibrio perfetto nel coniugare il rispetto dello stile con la propria elegante personale creatività.
Soprattutto nell'esecuzione del Guarneri-Alard si manifesta questo matrimonio d'intenti: violino con caratteristiche aspre e forti (tipiche del Guarneri dell'ultimo periodo), perciò assai difficili da affrontarsi per il liutaio, sia che egli desideri costruire una 'copia' che limitarsi ad un "modello".
Giuseppe Rocca costruì abitualmente i suoi strumenti come 'modelli', quindi confezionati nuovi; tuttavia in alcuni casi seppe creare una leggera, piacevolissima anticatura della vernice. E' bene ricordare che il Rocca, benché avesse vissuto in modo discontinuo a Genova per ben tredici anni, non costruì, a quanto ci risulta, alcuna copia del Cannone: o non ne rimase particolarmente colpito, o più probabilmente neppure riuscì a vederlo, considerata la politica conservativa cui il violino era soggetto.
Simile nell'interpretazione di Guarneri del Gesù per tecnica e gusto raffinato fu il piemontese di nascita e genovese d'adozione Eugenio Praga. Anche in questo caso dobbiamo parlare di "modello" piuttosto che di "copia". Praga non amò costruire strumenti anticati, nonostante la sua quasi decennale esperienza trascorsa sotto la guida di Nicolò Bianchi, suo maestro. A lui dobbiamo la prima, vera, rigorosa italiana interpretazione italiana del Cannone di Paganini. Siamo intorno alla fine degli anni Ottanta dell'Ottocento: assai raramente il violino viene suonato e comunque è difficile prenderne visione. Incontrare il violino di Paganini è un onore per pochi, e Praga, grazie forse al suo stato sociale (figlio di famiglia agiata, si dedicò alla liuteria dopo il conseguimento della laurea in ingegneria), fu il primo liutaio italiano a stabilire con esso un buon legame e anche il primo ad essere consultato per la sua manutenzione. Attraverso un lavoro di avvicinamento al violino lento ma ostinato, Praga riesce a rilevare un modello con precisione, ad assimilarne le caratteristiche reinterpretandole con sobria eleganza. E' l'unico ad affrontare con successo la testa originale del Cannone come modello, applicandola allo strumento 'nuovo' non anticato. Il ricciolo del violino di Praga qui raffigurato tuttavia è ancora tracciato sul modello del maestro Nicolò Bianchi.
Suo contemporaneo e, forse occasionale collaboratore, fu Enrico Rocca, figlio di Giuseppe. Si dedicò al violino di Paganini soprattutto dopo la morte del Praga, circostanza che gli fornì l'occasione di stabilire con lo strumento un rapporto di maggiore familiarità. Il suo approccio alla liuteria, al cannone in particolare, è meno accademico e riflessivo e anche nel suo caso dobbiamo parlare di 'modello' piuttosto che di 'copia'.
Di Enrico Rocca piace soprattutto la naturalezza e la freschezza che mostra nel trasporre l'estetica del Cannone nel violino "nuovo": la filettatura delicata, la sguscia aperta che rivela il percorso leggermente irregolare della sgorbia, il bordo imponente, contribuiscono a dare quest'idea di lavoro veloce e immediato che si riallaccia all'essenzialità del gesto di Giuseppe Bartolomeo Guarneri. Nella testa invece, pur ricavando il contorno da Bianchi, cerca una soluzione assolutamente personale, discostandosi dal modello originale del Cannone, rivelando una piacevole ingenuità interpretativa.
Cesare Candi, caposcuola genovese del novecento, non amò molto confrontarsi col Cannone: gli esempi migliori conosciuti risalgono agli anni 1915-1918, nel periodo quindi della piena maturità, nonostante sia evidente il debito nei confronti di Praga, Cesare Candi risolve lo strumento con quel gesto particolare che rende i suoi strumenti inconfondibili e che influenzerà fortemente la scuola genovese della prima metà del novecento. Elemento fondamentale è il sistema costruttivo di Candi, caratterizzato dall'uso della forma esterna con controfasce passanti sopra i tasselli centrali. I suoi allievi seguirono con fedeltà questo metodo e tutti si cimentarono nella costruzione del violino di Paganini, rendendolo protagonista esclusivo della liuteria ligure-genovese fino al secondo dopoguerra.Dobbiamo quindi ricordare Oreste Candi, fratello maggiore di Cesare, Giuseppe Lecchi, nel cui modello prevale un certo senso geometrico, Lorenzo Bellafontana che fu autore di interessantissime 'copie' di Praga, e soprattutto Paolo de Barbieri. Egli fu il più dotato e fedele allievo di Candi nell'interpretazione del Cannone, distinguendosi (soprattutto durante gli ani venti) per un'esecuzione calibrata ed elegante, caratterizzata da un modello di cassa fedele ed equilibrato, ammorbidito nelle punte. Anch'egli deciderà salvo rari casi, di non affrontare la testa originale, preferendone una di suo pugno, ispirata nel fianco a quella di Nicolò Bianchi.
E' ora opportuno tornare a considerare l'importanza del 'metodo' nella costruzione del violino, poiché questo è il vero motore creativo, il vero punto di partenza; nell'Italia di fine ottocento si usarono sistemi costruttivi disparati nelle diverse regioni, cui generò un vasto repertorio liutario, un patrimonio che oggi affascina per varietà di gusto e sensibilità nell'interpretazione, e talvolta diverte per ingenuità e libera intraprendenza. Nella liuteria italiana moderna il soggetto da copiare
diventa un punto di partenza per creare qualcosa di nuovo e differente: in questo traspare un certo distaccato rispetto per l'oggetto storico, quasi questo fosse inteso come non riproducibile, quindi unico.
Bisogna considerare inoltre che il rapporto con il passato è transitorio e mutevole secondo i diversi modelli storici. In questo senso il rapporto con il tempo fu molto diverso da quello che viviamo oggi: Candi per esempio fu molto legato al gusto della sua epoca e cercò di stabilire un legame tra liuteria e stile Liberty, convinto della necessità della modernità nell'"arte liutistica". Oggi abbiamo invece verso i grandi capolavori un amore e un rispetto quasi sottomesso, come se fossimo consapevoli che essi sono testimoni di un mondo irraggiungibile che ha ormai raggiunto il suo zenith; copiare è perciò il mezzo che ci consente di essere più vicini ( o meno lontani) da questi grandi artefici e da queste bellissime opere. La scelta di affrontare un simile strumento 'in copia' è quindi impegnativa e rischiosa: l'irreperibilità e la crudezza del gesto di Guarneri richiede qualcosa di più di un ottimo controllo tecnico e interpretativo.
Il Cannone rappresenta per noi liutai la creatività istintiva e la forza, la libertà d'espressione violenta ed anarchica, vista attraverso la consapevolezza della tradizione. Il Cannone rappresenta vero cimento per il liutaio che ne voglia riprodurre non solo ogni minimo dettaglio, ma anche la patina del tempo che le avvolge. Esistono strumenti perfetti per essere 'copiati' i ogni particolare e che possono dare origine a copie moderne di bellissimo effetto; lo stato conservativo dell'originale è importante per l'esecuzione della copia poiché ad esempio, in presenza di vernici ridotte nello spessore e nelle dimensioni, il risultato sullo strumento nuovo sarà più credibile, sarà molto vicino al soggetto copiato nelle sue attuali condizioni. Più difficile invece il violino di Paganini poiché la sua condizione di forzata cattività, durata centocinquant'anni, ne ha preservato la purezza. Questa stupefacente vernice stesa sopra un sottofondo vellutato, questa cruda scultura, sembrano guardarci con tono beffardo.
Tratto dal catalogo "Originali Modelli e Copie" a cura dell'Ente Triennale Internazionale degli Strumenti ad Arco in collaborazione con il Consorzio Liutai & Archettai A. Stradivari di Cremona.
Il Catalogo è stato pubblicato in occasione della mostra "Originali Modelli e Copie - Il Cannone di Niccolò Paganini e la natura morta musicale: due casi a confronto", tenutasi presso il Museo Civico Ala Ponzone di Cremona dal 13 al 21 ottobre 2001